Piazza Affari peggiore in Europa, accordo USA-Cina inferiore alle attese. FTSE MIB -0,26%.

Mercati azionari europei in arretramento dai massimi. Wall Street incerta: a ridosso della chiusura delle borse europee S&P 500 -0,2%, NASDAQ Composite +0,0%, Dow Jones Industrial -0,2%.
A Milano il FTSE MIB ha terminato a -0,26%, il FTSE Italia All-Share a -0,31%, il FTSE Italia Mid Cap a -0,61%, il FTSE Italia STAR a -0,36%.

BTP positivi e spread in calo. Il rendimento del decennale segna 1,26% (chiusura precedente a 1,31%), lo spread sul Bund segna 155 bp (da 160) (dati MTS).

Tra i dati macroeconomici pubblicati in giornata segnaliamo che negli USA le vendite al dettaglio hanno evidenziato nel mese di ottobre una crescita dello 0,2% m/m, in rallentamento rispetto alla lettura precedente pari a +0,4% e risultando inferiore alle attese fissate su una variazione positiva dello 0,5%.

L’indice escluso il comparto auto è cresciuto dello 0,1% dopo la variazione positiva dello 0,3% della rilevazione precedente, rivista da +0,2% (consensus +0,4%). In Italia l’Istat rende noto che nel mese di ottobre si stima che il fatturato dell’industria aumenti in termini congiunturali dello 0,6%.
Nella media degli ultimi tre mesi l’indice complessivo è invece diminuito dello 0,6% rispetto alla media dei tre mesi precedenti.Anche gli ordinativi registrano, a ottobre, un incremento congiunturale dello 0,6%, mentre nella media degli ultimi tre mesi evidenziano una flessione dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti.

Mercati azionari in arretramento rispetto ai massimi della mattinata.

USA e Cina hanno confermato il raggiungimento di un accordo “fase uno”: i dazi USA su 160 miliardi di dollari di importazioni dalla Cina previsti per domenica saranno annullati e Pechino dovrebbe fare altrettanto con la reintroduzione di dazi su veicoli americani. Dei dazi USA del 25% attualmente in vigore su 370 miliardi di importazioni dalla Cina solo quelli su 120 miliardi (contrariamente alle indiscrezioni di ieri) saranno ridotti al 7,5%.
Inoltre l’impegno cinese ad acquistare prodotti agricoli USA non è stato quantificato (doveva essere di 50 miliardi di dollari nel 2020 secondo i rumor precedenti).

Bancari in netto calo: i titoli italiani del settore, già a inizio seduta meno brillanti dei pari europei, terminano in rosso.

L’indice FTSE Italia Banche segna -1,36%, EURO STOXX Banks invariato. A Milano Banco BPM -2,65%, UBI Banca -2,42%, Mediobanca -1,89%.

Deboli i titoli del settore farmaceutico e cura della persona. In rosso Amplifon -2,71%, Diasorin -3,33%, Recordati -0,16%, MolMed -2,45%.

*Positiva ma in arretramento dai massimi CNH Industrial +2,56%, *che beneficerebbe del ritorno degli acquisti di prodotti agricoli USA da parte della Cina.
CNH realizza quasi il 40% dei ricavi, il 45% dell’EBIT adjusted e il 37% dell’EBITDA adjusted nel settore agricolo (dati relativi ai primi 9 mesi del 2019).

STM (+1,57% a 24,57 euro) accelera al rialzo dopo la buona prestazione di ieri (+2,02%) e si conferma sensibile alle notizie sulle trattative USA-Cina.

Il titolo in avvio si è portato oltre il massimo del settembre 2003 a 24,75: una conferma in chiusura di seduta avrebbe dato il via libera verso 26,50 (lato alto del canale che contiene il rally) e 31,50 (ex supporto di inizio 2002).

FCA +1,00% in ascesa. Secondo indiscrezioni di stampa PSA (Peugeot +2,1% a Parigi) ha convocato per martedì prossimo un consiglio di sorveglianza: potrebbe essere l’occasione per esaminare i termini dell’accordo vincolante per l’integrazione con il Lingotto.

*Telecom Italia -0,76% *in rosso.

Il Sole 24 Ore scrive che a gennaio sarà predisposta la short list di 4-5 fondi interessati a investire (anche in consorzio) nel progetto di integrazione delle reti Tim e Open Fiber. Tra i soggetti maggiormente accreditati ci sono Macquarie, F2i, KKR e Allianz Capital. Tutto questo a condizione di riuscire a convincere Enel a cedere il suo 50% di Open Fiber (l’altro 50% è in mano a Cdp, azionista Telecom).
In caso contrario è pronto un piano B: scorporare la rete Tim e lanciare un aumento di capitale riservato a un fondo per finanziare lo sviluppo dell’infrastruttura in una prospettiva “stand alone”.

Segnali grafici negativi per OVS, -4,76% a 1,9620 euro, che scivola sotto i supporti a 1,97/1,98 euro, operazione che se confermata in chiusura di seduta favorirebbe un approfondimento verso area 1,80, minimi della seconda metà di novembre e supporti decisivi nel medio periodo (appoggio successivo a 1,67/1,68).

Nei giorni scorsi OVS ha comunicato di aver chiuso al 31 ottobre i primi nove mesi dell’esercizio 2019-2020 con risultati in calo. I ricavi rettificati si attestano a 990,9 milioni di euro da 1010,5 dell’anno scorso, l’EBITDA rettificato a 101,1 milioni da 104,1, il risultato prima delle imposte rettificato a 43,3 milioni da 51,2.
Nel terzo trimestre i ricavi segnano un calo del 5,4% a/a a 340,3 milioni di euro (banca IMI aveva previsto 354 milioni), ma l’EBITDA rettificato migliora a 38,5 milioni di euro dai 23 dell’anno scorso (39 milioni per Banca IMI). Il miglioramento dei margini reddituali è imputabile all’aumento nel trimestre delle vendite a prezzo pieno e alle azioni implementate sui costi.