Crescono in Italia le S&PMII, ovvero le startup e le PMI innovative, operanti sul territorio. Un aumento del 17,6% rispetto allo scorso anno. Con loro crescono anche il numero di soci (più di 70mila, +16,6% rispetto al 2020) e le quote di partecipazione dirette ed indirette con almeno 1% di capitale (quasi 110mila, +19,9%).

Questi numeri emergono dallo studio dell’Osservatorio Open Innovation e Corporate Venture Capital.

I NUMERI DEGLI INVESTIMENTI

Le startup e PMI innovative attive nel territorio ad Agosto 2021 sono 16108 (+2407 rispetto al 2020), di cui 13962 startup innovative e 2146 PMI innovative.

Gli investitori specializzati in innovazione sono nel capitale di 443 startup e 266 PMI innovative.

Quasi 5mila S&PMII (4752) hanno invece almeno un socio corporate (CVC) e nessun investitore specializzato in innovazione.

Rimangono prevalenti le partecipazioni dei cosiddetti 3F (family, friends & fools), con 10506 S&PMII con persone fisiche come soli soci. 

Delle circa 110 mila quote di partecipazione, più di 20 mila le quote di soggetti CVC (19%), per la precisione 14857 in startup e 5946 in PMI innovative. 

Continua quindi la crescita degli investitori CVC nelle imprese e startup innovative. Il motivo di questo è la posizione centrale di queste all’interno della trasformazione digitale in atto.

I RICAVI DELLE STARTUP E PMI INNOVATIVE

Nel 2020 si sono registrati più di 1,7 miliardi di euro di ricavi prodotti dalle startup innovative (13962), di cui quasi la metà generato da startup investite da CVC.

Le piccole medie imprese innovative, invece, nonostante siano solamente 2146, hanno registrato 1,4 miliardi di ricavi nello stesso periodo. Di queste, quasi due terzi hanno ricevuto investimenti da parte di soci corporate venture.

Questi numeri mostrano come sia fondamentale questo rapporto di “simbiosi” sia per le startup e imprese innovative che per le aziende che investono in esse, ottenendo capitali per sviluppare le proprie idee da un lato e lo sviluppo di nuove tecnologie e modelli di business tramite competenze ed idee esterne all’azienda dall’altro.

L’OPEN INNOVATION MODELLO FONDAMENTALE

Il termine Open Innovation nasce nel 2003 quando Henry Chesbrough, nel suo ormai celebre libro “Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology” ha introdotto il concetto. Fino ad allora le aziende erano in gran parte preda dalla cosiddetta “sindrome NIH (Not Invented Here)”, che le spingeva ad applicare processi di innovazione “chiusa”, interna all’azienda.

Dal report appare evidente come molte aziende utilizzino il corporate venturing come strumento fra i più utilizzati per fare open innovation, ovvero individuare proposte innovative al di fuori del perimetro aziendale. Basti pensare che il fondo di corporate venture più attivo negli ultimi anni a livello globale è quello di Google, colosso del settore informatico.

Le aziende diventano degli incubatori o acceleratori per queste imprese e startup di tipo innovativo, permettendo la rapida trasformazione digitale in atto in Italia.